La cucina tradizionale sa resistere al tempo quando ne conservi la genuinità e metti amore nei piatti che la rappresentano.
Cibo e amore hanno tanto in comune: passione, abbondanza, dedizione… e condividono anche le tante sfumature che sperimentiamo sia nel mangiare che nell’amare.
Il cibo ci può nutrire ma anche solo saziare.
L’amore può riempire ma anche svuotare.
E quando cucini senza amore, si sente. Il cibo resta anonimo, non lo scegli neanche, tutto quello che hai in frigo o in dispensa “fa brodo”, come si suol dire…
L’amore nella cucina tradizionale è tutto
Una sera mentre guardavo la TV, saltando da un canale all’altro sono finita su “Cucine da Incubo”. Essendo di parte, visto il genere di programma, mi sono lasciata attrarre dal tema della puntata.
La faccio breve.
Cannavacciuolo, lo chef, deve aiutare una famiglia a risollevare il ristorante di cucina tradizionale campana, ormai scaduto e senza più tanti clienti se non quelli che arrivano in pausa pranzo per mangiare un boccone in quell’unico locale vicino a uffici e negozi.
Il succo del fallimento cola goccia a goccia, giorno dopo giorno, spremuto dalla mancanza d’amore nel cucinare e dalla trascuratezza nella scelta di ingredienti e materie prime. Perché così succede quando non c’è amore, non ti importa che la salsa di pomodoro sia quella fresca fatta da te, con i San Marzano DOP. Anche i pelati di latta vanno bene…
Ma quando succede questo, gli effetti sono devastanti, le persone si accorgono che in quella “cucina tradizionale” manca tutto: identità, sapore, specialità.
Per cultura familiare ne ho conosciuto gli effetti più concreti, della cucina tradizionale fatta con amore, crescendo con un’idea del cibo come risultato di una trasformazione. In casa mia, come anche nell’Azienda Agricola che ne è la naturale estensione, il cibo lo viviamo con amore.
Non ne facciamo una questione di principio, non siamo hippies a scoppio ritardato, figli dei fiori o qualcosa del genere. Nulla contro ci mancherebbe, ma giusto per farti capire come prende forma la nostra cucina tradizionale abruzzese e come resiste nel tempo. Alle sue origini ci sono genuinità, tradizione e famiglie.
Viviamo e lavoriamo guidati da questi principi che non abbiamo fatto nostri per semplice ideologia, ma perché li abbiamo ereditati e conservati con amore, sincerità e convinzione.
Li abbiamo ereditati da mia nonna Adelia. Puoi leggere qualcosa di lei dove racconto come nasce la nostra azienda agricola.
Mangiare bene e sano: il segreto sta tutto nella trasformazione
Da lei abbiamo imparato il segreto della trasformazione. Lei ci ha insegnato a cucinare e a non buttare via nulla, a trasformare tutto in qualcos’altro di imprevedibile, sano e buonissimo.
Corro indietro nel tempo, a 120 anni fa. Non mi è difficile immaginare, perché oggi anche io faccio quello che faceva lei. Con altri stumenti, certo, ma “l’impasto” resta lo stesso.
Mia nonna aveva 11 figli da sfamare, nutrire, e per non fargli mancare nulla – pane quotidiano, verdura, frutta, perfino dolci e biscotti – chiedeva aiuto alla natura, lavorava nei campi, raccoglieva tutto quello che poteva trasformare in cibo. E lo faceva per amore e con amore.
È così che le sue sperimentazioni sono diventate le mie letture preferite, le sue ricette sono diventate le mie sperimentazioni.
Partendo da quell’impasto, quel meraviglioso impasto di natura, voglia di nutrire e di farlo bene, i suoi piatti erano anche fonte di piacere. Piacere di mangiare. Lei pensava che mangiare sano non volesse dire privarsi del gusto, come in tanti oggi la pensano. E all’epoca riempire la pancia era davvero più urgente della soddisfazione del palato.
Il bello è che già a quei tempi aveva capito che grazie alla genuinità dei cibi puoi mangiare sano e con gusto. E questa è rimasta l’essenza della nostra cucina tradizionale: trasformare materie prime genuine in cibo buono e salutare.
Mangiare sano non vuol dire privarsi del gusto
Oggi viene spontaneo associare l’idea del mangiare sano alla privazione, al sacrificio del piacere, ma è un vero peccato perché questa visione porta in tavola anche il senso di colpa, porta a vivere il cibo con conflittualità.
Viviamo con l’idea che tenere alla linea e fare prevenzione significhi rinunciare, sacrificare. Ma siamo proprio sicuri di ricordare cosa voglia dire mangiare sano? Abbiamo tanta scelta e altrettanta libertà di scelta, ma spesso malgrado l’evidenza le nostre preferenze seguono traiettorie poco consapevoli.
Paradossalmente di scelta ne aveva più mia nonna 120 anni fa che andava a rifornirsi in quel grande “supermercato” a cielo aperto che era la campagna. Il frigo e la dispensa le riempiamo di scatole, confezioni e barattoli “firmati”, convinti che la spesa griffata sia la soluzione. In realtà, la spesa griffata diventa un modo per sbrigarsi in cucina…e a cuor leggero.
Il rischio che corriamo, però, è quello di perdere l’amore per la cucina, il gusto e la genuinità, con l’inevitabile conseguenza dei propositi castranti, di fastidi e intolleranze che pesano sulla salute.
Dedicare tempo alla scelta degli ingredienti, tornare a preparare i nostri piatti di cucina tradizionale con le materie prime che troviamo nei nostri raccolti, può davvero trasformare il cibo e il rapporto che abbiamo con il cibo, per farci riscoprire come sia possibile e meraviglioso mangiare bene, sano, e con vero piacere.